L'isola

Un luogo denso di sentimento, attraversato nei decenni da anime recluse e spiriti liberi, scelto come casa da Enrico Mereu.

Terra di contrasti

 

L'Asinara è un'isola di circa 51 chilometri quadrati situata all’estremo nord-occidentale della Sardegna. È parte del comune di Porto Torres, nella provincia di Sassari.

Da molti definita un paradiso in terra per via della bellezza delle sue coste e la ricchezza di flora e fauna scarsamente disturbate dall’uomo, l’isola è nota soprattutto per essere stata una colonia penale dal 1885 al 1998. Numerosi criminali di alto profilo sono transitati per il “supercarcere”: durante gli anni di piombo furono attrezzate le celle di massima sicurezza per la reclusione dei membri delle Brigate Rosse che, tenuti in costante isolamento, organizzarono nel 1979 una rivolta servendosi di ordigni artigianali costruiti con delle caffettiere. La rivolta fu sedata da un massiccio intervento delle forze dell’ordine che, tramite l’utilizzo di lacrimogeni, costrinsero i rivoltosi alla resa.

Tra gli anni ottanta e novanta fu il capo della nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo ad essere imprigionato sull’isola mentre tra il 1992 e il 1995, tra i detenuti del 41-bis spicca per l’efferatezza dei suoi crimini Salvatore Riina, il capo dei capi di cosa nostra. Definito l’Alcatraz italiano, solamente due detenuti riuscirono ad evadere negli oltre 112 anni di attività della prigione: Matteo Boe, noto criminale nativo di Lula che si dileguò su un gommone grazie all’aiuto di un complice.

 


Dal 2002 l’isola viene restituita alla collettività, diventando a tutti gli effetti Parco nazionale.

Lo Scultore dell'Asinara

 

Enrico Mereu nasce a Nurri il 3 aprile del 1959. Arriva per la prima volta sull'isola nel 1980 e all'epoca è per tutti principalmente un giovane agente di polizia penitenziaria. In pochi sanno che la sua anima è in realtà spezzata in due: da una parte un'estensione dello stato, della giustizia, della sanzione e dall'altro la pulsione irrefrenabile di liberare forme e corpi dalla materia grezza.

È grazie a questo dualismo interiore che si può declinare la sensibilità artistica di Enrico, un uomo che ha vissuto gli archetipi di "bene" e di "male" sulla sua pelle, e ne ha potuto apprezzare l'intreccio che ne deriva, il nodo che stringe a sé tutti gli esseri umani nel complicato percorso dell'esistenza. Ed è proprio agli aspetti più intimi dell'animo umano che lo scultore dedica la sua opera di espressione, e così dallo stesso legno da cui nasce un Cristo sofferente, si erge un padre che rimasto solo dopo la morte della moglie, porta sulla schiena tutto il peso della responsabilità verso i suoi figli. Dallo stesso legno da cui si divincola Eolo, il dio del vento, schizza fuori una famiglia di delfini che si insegue giocosa. Dolore, determinazione, gioia, forza, responsabilità, sacrificio, famiglia ma più di tutto, libertà. 

Enrico ha saputo dimostrare una tenacia più unica che rara anche nel difendere il suo diritto di rimanere all'Asinara. Numerose le sue battaglie, tra cui certamente spiccano i ventitré giorni trascorsi incatenato al porto di Cala d'Oliva, per vedersi riconosciuta un'appartenenza che era già scritta nel vento.