Rassegna stampa

La vita di Enrico Mereu attraverso penne e telecamere

Lo scultore Enrico Mereu ha eletto l’isola da quasi trent’anni a luogo del cuore. Ora il Ministero gli ha affidato la realizzazione delle opere che raccontino la storia del Parco.

 

Dal ministero dell’Ambiente non hanno avuto esitazione. La lettera era indirizzata precisamente a lui, <<lo scultore dell’Asinara>>. Ci hanno pensato in occasione del decennale del parco nazionale, per realizzare sei lavori speciali, sei opere che, nella sublimazione delle forme, raccontino la storia del luogo. Semplice quanto efficace. Eppure, in una terra bella ma ancora tanto aspra come quest’isola a nord ovest della Sardegna, il riconoscimento romano dopo tanti anni difficili non è affatto, per Enrico Mereu, questione scontata. Un incarico che premia la forza di non aver rinunciato ai propri sogni. Anche quando le condizioni del sogno erano sfavorevoli e sconsigliate. Anche quando il sogno è un’isola un po’ carcere, un po’ carcerata, cui sembra legato e speculare il destino di chi l’ha abitata e ancora la vive.

MEREU, 48 anni, originario di Nurri, era lo scultore dell’Asinara ancora prima che diventasse parco nazionale. Agente di custodia, impegnato fin dal 1980 nel carcere di massima sicurezza dove furono Riina, Bagarella, Cutolo, dove la vita non cambiava mai e il silenzio la faceva da padrone, gli restava del tempo libero per scoprirsi artista. Proprio a lui infatti il mare sapeva far dei regali. Il legno si fermava sulle spiagge bianchissime o sopra gli scogli granitici e scistosi e lui, nei suoi momenti di libertà, aveva solo un ruolo da svolgere: raccoglierlo e scolpirlo, imprimendogli la forma del desiderio. Prima che l’isola passasse ad altro status c’era qualche detenuto cui Enrico trasferiva con passione la propria arte. Quando poi il sistema carcerario fu smantellato per assumere le sembianze di parco, non fu facile farsi riconoscere ancora quell’unica identità in cui credeva: scultore dell’Asinara si sentiva e tale voleva continuare a essere. Così cominciava la tenacia di un sogno, mentre l’Asinara diventava per il suo scultore quasi un carcere al contrario, un luogo dal quale veniva allontanato e del quale non poteva fare più a meno. Fin dal ‘93 Mereu pagava l’affitto di una casetta che teneva come punto d’appoggio per svolgere i suoi lavori. Ci passava quanto più tempo poteva assieme a Mena, sua moglie e ai cinque figli. Nel ‘97 il carcere fu chiuso e cominciarono i problemi: fino al 2003 quando l’Ente Parco decise di sfrattarlo. Fu allora che Mereu mise in scena la sua resistenza, incatenandosi al porto di Cala d’Oliva per ventitré giorni, collezionando verbali su verbali (ben ventotto), assieme a sguardi e commenti malefici. Dispute e persino querele non sono finite nel tempo, ma tutt’ora Enrico continua a credere nel suo sogno. Nel frattempo ha continuato a fare mostre in tutto il nord dell’isola e una sua esposizione è visitabile all’ex diramazione centrale di Cala d’Oliva, mentre anche Vittorio Sgarbi ha lodato i suoi lavori. La sua visione non si limita però a un successo individuale: <<Io non sono rimasto all’Asinara per essere l’unico. Il mio desiderio è quello di trascinare altri artisti, ciascuno con le proprie qualità>>. Uno dei pochi in grado di rendere l’isola ex carcere, finalmente terra possibile.

31 ottobre 2007 - Il Sardegna - Roberta Pietrasanta